giovedì 4 ottobre 2018

TOMMASO CAMPANELLA:


Campanèlla, Tommaso. - Filosofo (Stilo, Reggio di Calabria, 1568 - Parigi 1639). Intorno al 1622, egli stesso aveva visto pubblicata una notevole scelta delle sue Poesie.  Per la complessità di temi speculativi e la molteplicità d'interessi politico-religiosi che s'intrecciano nel pensiero di C., egli sembra raccogliere da un lato l'ultima eredità rinascimentale, mentre dall'altro si volge a nuovi problemi quali quelli posti così dalla controriforma e dal nuovo assetto politico-sociale dell'Europa come dai nuovi orientamenti legati alle scoperte geografico-astronomiche e alla nascita della "nuova scienza". 
 Strettamente legato - soprattutto agli inizî - agli insegnamenti telesiani, C. svolge platonicamente una visione della natura come un tutto organico animato per la presenza ovunque di uno "spirito caldo e sottile", corporeo, principio del sentire, dell'immaginare, del ricordare, del discorrere. Si definisce - come già in Telesio - un primato del sentire che significa primato della conoscenza diretta e immediata rispetto alla quale il conoscere universale è allontanamento dalla realtà, illanguidimento di conoscenza: che è il punto ove C. più si avvicina a certi temi dell'empirismo della nuova scienza, e che ricorda i legami di C. con Galileo del quale scriverà l'Apologia dopo la condanna romana. Tutti gli esseri - che in quanto sentono sono chiusi nell'immediatezza del sensus inditus o cognitio sui - hanno avuto da Dio la capacità di conservarsi, di amare sé stessi, di conoscere il proprio fine, manifestando così le primalitates divine (potentia, sapientia, amor); ma l'uomo emerge sugli altri esseri naturali perché nella sua natura accoglie e manifesta un impeto verso l'infinito, un'intuizione intellettuale che si radica nella mens data da Dio ai singoli uomini. Ma anche tale primato dell'uomo non scinde l'unità del tutto: questa è il fondamento di tutta la speculazione di C., che sembra a volte tentato di identificare Dio e natura. 
Del resto è proprio il senso vivo della radicale unità degli esseri che noi ritroviamo altresì nel suo pensiero religioso e politico: unità di natura che sembra esprimersi anche nell'indicazione del cristianesimo come religione universale in quanto naturale (nell'ambito di una natura che riceve completamento dalla divina rivelazione) e nel sogno della finale pacificazione di tutti gli uomini nell'unica fede e in una non scissa società civile, sogno di cui C. si sentiva profeta dopo averne letto nei cieli i segni dell'imminente realizzazione.  Come poeta, il C. è oggi concordemente ritenuto il maggior lirico italiano del Seicento. La poesia del C., intesa a educare, a creare "nova progenie", non al puro diletto al quale destinava la sua il contemporaneo Marino, è spesso difficile e rude; talora semplice traduzione ritmica di sottili concetti filosofici. Ma spesso raggiunge profonda efficacia, specie là dove il C. si descrive, novello Prometeo, torturato e invincibile, o là dove canta la "possanza dell'uomo" nudo e inerme, eppure padrone dell'universo, o contempla una natura, nella quale ogni cosa ha la sua anima e Dio è in ciascuno e in tutti.




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